Mafia in salsa agrodolce

Parlare di mafia è peccato. Soprattutto adesso. E’ stato detto più volte e in varie “salse”. Il premier ha ribadito il concetto, con un esplicito riferimento ad un noto autore che pubblica per i tipi della Mondadori. Del resto un tale monito non è nuovo. La regione Sicilia, ad esempio, ha chiesto ed ottenuto che la fiction “Agrodolce” non fosse più rifinanziata, nonostante il chiaro successo di ascolti in TV. Si parlava di mafia. E questo nuoce all’immagine e alla salute del BelPaese. Non è forse vero l’esatto contrario? Il non parlarne costituisce il cosiddetto “silenzio-assenso” che legittima la mafia come un corpo interno allo Stato, comprimario nelle scelte politiche ed economiche. Bisogna condannare chi commette il crimine o chi, molto più semplicemente (per dirla con Saviano), lo racconta? La risposta, ad una domanda retorica, appare ovvia. Purtuttavia, per un certo senso “pratico” (PIL, immagine ecc.), si preferisce la prima ipotesi alla seconda, venendo meno  alla ragione logica, alla morale e al buon senso. Oggi si preferisce credere a chi – in questa vita – “ce l’ha fatta”, a chi se l’è cavata, nonostante tutto e tutti; non ha chi ha subito – obtorto collo – palesi ingiustizie. Anzi, paradossalmente,  le ingiustizie, se ci sono, sono proprio a carico di chi ha saputo salvaguardare i propri interessi! E questo il gioco a cui la “volpe” di Arcore ci ha abituati da anni:  passare per vittima innocente, magari di loschi intrighi internazionali, quando invece l’unico vero artefice di tutto l’ambaradan è sempre lei…

postato da PierreLouis alle ore 20/04/2010 11:28 |

Informazioni su Pierrelouis

Vivo in un'amena località del S.A., alle pendici di un Monte silente. Mi piace leggere e discorrere di musica, storia e politica. Amo incontrare persone con cui sia piacevole parlare. Poi il resto verrà da solo...
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