La fabbrica del FALSO

Introduzione

Sul tema del cosiddetto “Signoraggio Bancario” è stato scritto di  tutto,  in specie sul Web. Ultimamente, però, sono apparsi articoli e, soprattutto, alcuni ottimi video atti a smontare le tesi precostituite a tavolino dai sostenitori del complotto sul Signoraggio Bancario. Il sottoscritto ha seguito tutto l’evolversi della vicenda e deve ammettere che i debunkers hanno pienamente ragione.

Tuttavia ritiene utile far tesoro di tutti questi articoli e video per cercare di far luce ulteriormente su di una questione assai complicata, onde pervenire alla conoscenza della verità senza pregiudizio alcuno e, soprattutto, senza cercare facili vie di fuga dalla realtà. Ciò si rende necessario poiché molti sostenitori delle tesi sul Signoraggio Bancario persistono incessantemente nell’errore, evitando accuratamente il confronto, oppure operando inutili digressioni e spostando l’oggetto del discorso, confondendo, sovente, la causa con gli effetti.

Un accento particolare va posto sull’aspetto insensato del modus operandi di questi soggetti. Costoro si infiltrano ovunque: nei forum, nei gruppi di discussione,  nei social networks, tacciando gli altri d’ignoranza, sistematicamente, senza avere il minimo dubbio su quanto vanno affermando, senza fare cioè il classico esame di coscienza; viceversa essi instillano il dubbio su qualsiasi evento acclarato al fine di screditare la cultura ufficiale, senza, però, fornire prove valide e riscontrabili da chiunque.

D’altro canto, non sanno fare altro che ricorrere a slogan, frasi fatte, citazioni celebri e, sopra ogni altra cosa, ad una sequela d’improperi ed offese verso chiunque si permetta – dati alla mano – di contraddirli.

Joseph_GoebbelsQuesti “signori” applicano i principi della propaganda descritti da Joseph Goebbels, fra cui quello più  famigerato e reiterato, che tutti li condensa:

“Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”.

Inoltre, occorre prendere una posizione precisa contro questa masnada di “terroristi virtuali”, poiché questa tesi è tanto insensata sotto il profilo economico quanto pericolosa sotto il profilo sociale, in quanto – qualora venisse  applicata – sarebbe foriera (prima) di sconsiderata violenza e (dopo) di disastri economici irreversibili.

Si, perché, qui, non si tratta di esprimere un parere politico oppure di indicare una diversa ricetta economica. Ognuno di noi ha le sue idee su come dovrebbe andare il mondo. E nessuno, tantomeno il sottoscritto, vuole indire nuove crociate contro chi la pensa diversamente, indi  censurare un diverso credo politico. Ci mancherebbe altro. Qui non si vuole mettere in discussione un’idea (cosa per altro sempre lecita)  ma semplicemente smascherare un modo truffaldino di cercare la verità. Qui, si tratta sostanzialmente di aizzare il popolo contro le Banche (centrali e non) e i governi.  Emettere cartamoneta in attivo, senza un corrispettivo o collaterali di garanzia è un’attività foriera di iperinflazione. A tutt’oggi, a parte il caso da manuale della Repubblica di Weimar,  l’unico paese che lo ha fatto è stato lo Zimbabwe, aggravando la sua situazione e portandolo in bancarotta.
Inoltre, come se non bastasse, chiunque si rechi in banca per comprare BOT o CCT ne percepisce degli interessi, vogliamo forse eliminare anche questa forma di guadagno?

Tecniche demagogiche di inganno mondiale

Lo scomparso Prof. Giacinto Auriti

La teoria del complotto ordito dalle Banche Centrali a danno dei cittadini ha il suo nume tutelare nel poeta americano Ezra Pound e il suo mentore prestigioso in Giacinto Auriti, ex docente di Diritto della Navigazione all’Università di Teramo. Infatti, nonostante il celebre Professore sia ormai scomparso da anni, rimane un punto fermo per chi vuole portare avanti la teoria del complotto sul Signoraggio Bancario. Ancora oggi sono presenti su You Tube moltissimi video che lo riprendono in diretta su una TV privata abruzzese. Si tratta, a parte alcune eccezioni dove appare insieme ad altri, di veri e propri monologhi, interrotti da qualche telefonata interessata. Il succo del discorso è sempre lo stesso: si parla di un’enorme truffa legalizzata portata a compimento dalle Banche Centrali in danno dei cittadini.

Bene (si fa per dire). Occorre allora incominciare a prendere in considerazione proprio le affermazioni del professore scomparso, cominciando col far luce sulle diverse problematiche trattate.

La moneta

Cosa è la moneta? E’ un bene oppure è solo un metro per scambiare beni e servizi? Dalla risposta che daremo a queste domande scaturirà il resto.

Come scrive il premio Nobel per l’economia,  Paul Samuelson:

Samuelson

« la moneta, in quanto moneta e non in quanto merce, è voluta non per il suo valore intrinseco, ma per le cose che consente di acquistare. » (Samuelson, Economia, Zanichelli, 1983, pag. 255)

La moneta, dunque,  non è un bene reale ma semplicemente un’unità di misura, un mezzo inventato dall’uomo per scambiare beni e servizi.  Non può essere paragonato ad una automobile, ad un telefono cellulare, ad un accendino ecc. ecc. Certo, la moneta oltre ad essere un metro, può costituire una riserva per accumulare valore monetario… ma, a parere di chi scrive, non è un bene in sé e per sé.

Del resto, anche Auriti  riferendo il caso immaginario del Banchiere Centrale sull’isola deserta attesta – inconsapevolmente  – un  fatto incontrovertibile:  la moneta non è un bene in séma solo un’unità di misura. Egli stesso lo affermava chiaramente quando reiterava la definizione aristotelica. Solo vi aggiungeva poi un particolare che stravolgeva il tutto: “la moneta oltre ad essere misura del valore”, sarebbe “anche, necessariamente,  valore della misura”.

Infatti, il banchiere centrale non avrebbe alcuna ragione di stampare carta (e nemmeno di coniare moneta in metallo nobile aggiungo io) in un’isola deserta… poiché, mancando la collettività, non saprebbe cosa farsene.   E, guarda caso, è lo stesso professore ad ammetterlo, quando afferma che tale ipotetica emissione “serve solo per accendere il fuoco”. Auriti, viceversa,  cita l’esempio dell’isola deserta per affermare un’altra cosa: la sua teoria del valore indottonon per conferire valore di bene reale alla cartamoneta. Secondo questa seconda affermazione dovrebbe dunque contenere un bene in sé. Quindi dovrebbe essere di oro o comunque in valuta pregiata, un qualcosa di direttamente fruibile. Difatti, Auriti riteneva erroneamente che la scomparsa delle monete d’oro e d’argento avesse determinato il passaggio della proprietà monetaria dai cittadini alla Banca Centrale. Poi, però, dopo aver messo in circolazione i primi SIMEC di carta, forse inconsapevolmente, si accorge dell’errore e sostiene che le successive “emissioni” sarebbero state arricchite da “argento”, per dare consapevolezza al portatore della proprietà della moneta. Ed è chiaro il motivo. In pratica si guarda un triangolo da diverse angolazioni. Ma il triangolo, come tutti sanno, rimane sempre tale, non cambia forma materialmente, anche se l’angolo di osservazione cambia, creando un’effetto ottico.

Questi escamotage servono a poco poiché Auriti stesso sostiene, contraddicendosi, che:

l’oro ha valore non perché sia un metallo nobile e raro, ma perché ci si è messi d’accordo che lo abbia“.

E su questo siamo pienamente d’accordo. Del resto chi  ha studiato un po’ di storia ricorderà sicuramente l’episodio accaduto agli Spagnoli nel ‘600, che si illusero di arricchirsi importando ingenti quantità d’oro dalle colonie americane. In tal modo, invece, produssero solamente un’enorme inflazione,  avvitando gli scambi e bloccando l’economia.  
Quindi, se è vera quest’ultima affermazione, perché dire che la moneta è anche il valore della misura? E’ semplice, poiché, così facendo, può avvalorare il suo sofisma, e cioè che la moneta è un bene reale oggetto di proprietà come un’automobile, indi avvalorare, implicitamente, la definizione truccata sul Signoraggio Bancario.
Invece, capziosamente, egli rovescia il ragionamento per affermare che la validità della moneta viene conferita dall’accettazione (valore indotto) da parte della collettività. In questo quadro, lo scomparso professore di Guardiagrele cita il fantomatico caso dell’Isola deserta, un vero è proprio must per chi si accinge a leggere le sue opere. E’ chiaro che, in un’isola deserta, la moneta (di carta o di oro) sarebbe inutile, in quanto non ci sarebbero beni e servizi da scambiare, mancando del tutto la collettività. In un isola semi-deserta, invece, i beni e servizi da scambiare sarebbero pochissimi… e relativi alle poche persone presenti sull’isola. Ma, anche in questo caso, la moneta non serve, potendo bastare il Baratto.

Di qui, si ingenerano tutta una serie di equivoci che portano gli ascoltatori a credere nella definizione errata del Signoraggio Bancario. Ma le sciocchezze di Auriti non si fermano all’esempio fuorviante dell’isola deserta.
Egli sosteneva che la Lira prima e l’Euro dopo sarebbero entrambe “monete-debito”. Secondo tale teoria, lo stato, impossibilitato a stampare moneta in proprio e dovendo ricorrere al prestito, indebita e impoverisce i suoi cittadini del 200%, attraverso l’imposizione fiscale. In tal modo lo stato, ogni qual volta abbisogna di liquidità, crea un grosso debito al suo interno. Un debito che, col passare del tempo, cresce inesorabilmente ed esponenzialmente per via degli interessi passivi che gravano su di esso.
Ora, tutto ciò è falso. Vediamo perché.
E’ falso perché la Banca Centrale non presta soldi allo Stato. Questo viene sancito espressamente nell’art.105 del Trattato di Maastricht. La questione dunque potrebbe già dirsi conclusa con la sconfessione totale della teoria auritiana. Questo video, a cura di questo bravissimo debunker, lo dimostra chiaramente. Si potrebbe sostenere, però, che i signoraggisti non conoscano il trattato di Maastricht e siano rimasti alla LIRA… Falso anche questo. Poiché Auriti, più volte e, in questo video, di fronte ad una platea di persone qualificate,  cita  il Trattato di Maastricht, colpevole, a suo dire, di non aver indicato di chi sia la proprietà della moneta all’atto dell’emissione. Indi, ciò significa che Auriti non ha letto tutto il trattato, limitandosi a indicare quella che potrebbe essere, a tutti gli effetti, un mero sofisma.
I signoraggisti, per questo motivo, tuonano contro la moneta cartacea che, a loro dire, sarebbe “carta straccia”.  Costoro ignorano, o fanno finta di non sapere, che in cambio della cartamoneta vengono dati  in contropartita dei Titoli di stato (BOT, BTP, CCT, ecc.)   In pratica è lo Stato a garantire la moneta, attraverso obbligazioni, che non sono necessariamente titoli del debito pubblico. I titoli del debito pubblico vengono emessi solo quando lo Stato spende più di quanto incassa e quindi è costretto ad indebitarsi. Il debito si crea PRIMA, non al momento dell’emissione. In pratica, la Banca Centrale Europea per emettere moneta acquista titoli di debito pubblico oppure titoli di altre società private. Ma occorre ricordare che lo fa solo sul mercato secondario!  In buona sostanza, si tratta di titoli già emessi e acquistati in precedenza da altri. Infatti, la moneta appena emessa non è appannaggio della Banca Centrale! In parole povere, con il denaro appena emesso la banca centrale non può comprare nemmeno la carta igienica! E tantomeno lo possono fare le banche private che hanno in mano le quote del capitale. E qui a nulla valgono le varie congetture auritiane, poiché la moneta sia considerata come bene reale, sia come metro per scambiare beni e servizi, non può venir immagazzinata dalla Banca Centrale. E’ evidente che tutto questo era sfuggito all’anziano professore di Guardiagrele che reiterava la solita solfa stonata della Banca Centrale che presta soldi allo Stato.

Infine, se la moneta cartacea, che oggi, tra l’altro, rappresenta una piccola percentuale del denaro emesso, è carta straccia, perché non chiedono un ritorno alla parità aurea? Mistero… In realtà non di mistero si tratta di un banale escamotage atto a fuorviare ulteriormente il discorso.

Un altro errore grossolano riguarda un’altra espressione spesso utilizzata dallo scomparso professore di Guardiagrele:

la moneta è come il sangue in un corpo umanoe quando togli il sangue il corpo muore.

Con questa affermazione il fondatore dell’Università di Teramo intende evidenziare un aspetto che esula dai processi reali di produzione su cui si basa qualunque sistema economico. In altre parole, Auriti evidenzia un aspetto dell’economia che non è indispensabile all’economia stessa. E lo fa scientemente, con il chiaro proposito di avvalorare le sue assurde tesi. Vediamo perché.

La moneta non nasce con l’uomo e noi sappiamo dalla storia che prima dell’avvento della moneta vigeva il baratto. Cosa per altro arcinota a tutti. Quindi anche questo paragone è farlocco e boccia completamente la sua teoria. Questo aspetto del problema è stato sviluppato con dovizia di particolari qui, in un Blog a me non affine e, pur tuttavia, gravido di interesse circa questo punto specifico.

Allora, a questo punto, sorge spontanea la domanda:  Cui prodest?

E’ infatti impossibile pensare che il noto Professore non sapesse una cosa del genere. Pertanto è lecito ritenere che Auriti volesse, ancora una volta, trovare una pezza d’appoggio per ingannare il popolo bue. Alla faccia dell’onestà sbandierata nelle sue trasmissioni televisive.

Mentre, Auriti, capziosamente,  rovescia il ragionamento per affermare che la validità della moneta viene conferita dall’accettazione (valore indotto) da parte della collettività. Quindi, il solo fatto di accettare la moneta ne produrrebbe il valore; e, di qui, discende anche la ragione del reddito di cittadinanza…che sarebbe conferito ad ogni cittadino per il solo fatto di esistere. Quindi, lavorare, in una tale ottica, rimarrebbe un optional: chi vuol lavorare, lo farebbe per scelta personale, chi invece vuole lavorar meno, o non lavorare affatto, può sempre vivere stampando moneta…

Di qui si ingenerano tutta una serie di equivoci che portano gli ascoltatori a credere nella definizione errata del Signoraggio Bancario.

La teoria del valore indotto della moneta

Il motivo di tutto questo “affanno” deve ricercarsi nell’assurda pretesa di fornire validità scientifica alla teoria del Valore indotto della moneta. Il professor Auriti sostenne di avervi lavorato, insieme ai suoi collaboratori, all’Università di Teramo, per ben 34 anni! In questi 34 anni Auriti e i suoi collaboratori sono riusciti solamente a trovare un escamotage, non una prova scientifica.  Non trovandola, però, hanno ripegato sul principio della “circolarità delle scienze”, esplicitato banalmente, sic et simpliciter,  dallo stesso professore, attraverso l’esempio farlocco della “Dinamo“. Ora, senza perdermi in inutili digressioni che finirebbero per appesantire il discorso, mi limito a dire che ciò, in teoria, può anche venir fatto. Occorre, però, che tale ricorso sia fatto “cum grano salis”.  All’uopo, vale la pena ricordare la simpatica risposta del “Leonardo da Vinci” ai due avventori – sedicenti scienziati, Troisi e Benigni nel film “Non ci resta che piangere”. I due, venuti dal futuro, s’illudono di essere capaci di spiegare a Leonardo il funzionamento del Treno.

A tal proposito, gli emuli di Auriti, non potendo rispondere a tono a tutte le giuste obiezioni che vengono loro puntualmente sollevate, reiterano, come una cantilena stonata, la solita domanda al popolo ignorante:

 “Di chi è la proprietà della moneta all’atto dell’emissione?

Orbene, le banconote, prima dell’emissione, NON sono ancora divenute denaro, ma sono, come affermano i signoraggisti, carta e inchiostro,  di pochissimo valore (fin qui siamo d’accordo); nel momento in cui vengono emesse, sono collocate nelle voci passive del bilancio della banca centrale, questo perché le medesime non rappresentano un ricavo per la Banca Centrale; viceversa rappresentano un credito per chi le riceve! E qui si chiude anche la bufala della Moneta-debito, poiché se fossero veramente un debito per i cittadini, non verrebbero collocate al passivo di bilancio! Di questo naturalmente se ne può trovare ampie tracce spulciando i bilanci della Banca Centrale.

Alla domanda, dunque,  “di chi è la proprietà della moneta all’atto dell’emissione?”  si può rispondere in questo modo:

Prima dell’emissione la Lira era di proprietà della Banca d’Italia. Adesso l’Euro appartiene all’Eurosistema. Questo è stato confermato anche da interrogazioni specifiche sull’argomento da parte di deputati del Parlamento Europeo.  Quando invece la moneta entra in circolazione, possiamo, senza tema di smentita,  rispondere alla domanda dicendo: di chi la riceve!

Infatti, prima la moneta semplicemente non esiste, è solo un pezzo di carta di poco valore. Quando la moneta viene spesa e accettata (inverata, direbbe l’avv. Marra), essa acquista valore.

I signoraggisti, viceversa, capovolgono la realtà dei fatti piegandola ai loro obiettivi, contro ogni logica evidenza. Un certo Daniele Di Luciano ha interrogato persino un funzionario della Banca d’Italia (Dott. Alfredo Gigliobianco) sull’argomento. Questo funzionario, è stato oltremodo chiaro e pacato nel rispondere al Signoraggista Di Luciano. Tuttavia, non c’è stato nulla da fare. “Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”, verrebbe da dire… Anzi, Di Luciano ha stravolto completamente le sue dichiarazioni. Il fatto, però, non è passato inosservato, anche perché il Di Luciano, non pago delle spiegazioni ottenute, ne ha fatto un video, per ridicolizzarne le risposte. Chi volesse saperne di più, può farlo leggendo questo interessantissimo post.

D’altronde come poteva essere diversamente? I signoraggisti rifiutano il buon senso e la logica, oltre ad ignorare tutte le leggi sancite in materia economica.  Per loro vale solo il  ricorso all’analogia vergato dal loro mentore. Auriti, ignorando le più elementari cognizioni di ragioneria, intentò causa alla Banca d’Italia per falso in Bilancio, appropriazione indebita, associazione a delinquere ed induzione al suicidio.

Chi avesse dato ascolto unicamente alla parte signoraggista avrebbe appreso che: “la causa fu vinta dalla Banca d’Italia perché il tribunale si dichiarò incompetente allo scopo”.

Naturalmente costoro, rimanendo fedeli al “maestro”, si guardano bene dal fornire al pubblico dei loro lettori la risposta che la stessa Banca d’Italia, nero su bianco, puntualmente diede in risposta dell’atto di citazione e cioè che:

La domanda attorea nei confronti della Banca d’Italia deve essere respinta perché improponibile e/o inammissibile e comunque palesemente infondata nel merito. La visione della moneta e delle funzioni monetarie che l’attore intende accreditare è palesemente distorta e completamente infondata. Da un punto di vista logico, è innanzitutto ben evidente che l’accettazione da parte della collettività, lungi dall’essere causa del valore della moneta, ne rappresenta in realtà solo l’effetto, sicché il sillogismo deve essere rovesciato: non è vero che la moneta vale in quanto è accettata, ma semmai, come la storia e la cronaca stanno a dimostrare, che essa è accettata solo in quanto abbia un valore. Di qui la necessità che tale valore, rispondendo ad un fondamentale interesse pubblico, sia difeso e garantito dalle Pubbliche Autorità,  funzione nei moderni stati affidata alle banche centrali. Sotto il profilo giuridico, poi, il batter moneta ha da sempre rappresentato e rappresenta tutt’ora una delle più evidenti e indiscusse espressioni della sovranità statale, sicché può correttamente affermarsi che il valore della moneta trae il proprio fondamento solo ed unicamente da norme dell’ordinamento statale, che, per solito, disciplinano minutamente la creazione e la circolazione della moneta, ne sanciscono l’efficacia liberatoria, ne sanzionano la mancata accettazione in pagamento e tutelano la fede pubblica contro la sua falsificazione ed alterazione.

Anche in Italia, questa fondamentale prerogativa sovrana dello Stato è compiutamente disciplinata dal legislatore sia per quanto attiene all’attribuzione della funzione di emissione, che in ordine alle relative modalità di esercizio.La funzione di emettere moneta, affidata nella sua quasi totalità alla Banca d’Italia, sulla base di un rapporto avente natura concessoria, dall’art. 28 aprile 1910, n. 204, ha successivamente assunto il carattere di un’attribuzione istituzionale della Banca centrale, a seguito del R.D.L. 12 marzo 1936, n. 371, e dell’art. 1 dello Statuto della stessa Banca, approvato con R.D. 11 giugno 1936, n. 1067, e successive modificazioni, a norma del quale essa è un istituto di diritto pubblico che, quale unico istituto di emissione, emette biglietti nei limiti e con le norme stabilite dalla legge.In ordine alle modalità di esercizio di tale funzione, l’art. 4 del T.U. n. 204/1910 e il D.P.R. 9 ottobre 1981, n. 811, prevedono che alla fabbricazione del biglietto concorrano la Banca d’Italia e lo Stato, tramite il Ministero del tesoro, in modo che ne l’una ne l’altro possano formare un biglietto completo.Mentre per la fabbricazione l’Istituto di emissione e il Ministero del tesoro hanno competenze congiunte e coordinate, le decisioni riguardanti la quantità dei biglietti da immettere nel mercato ed i tempi dell’immissione competono alla sola Banca quanto strumentali all’esercizio delle funzioni di controllo della liquidati del sistema e di salvaguardia del valore del metro monetario, affidatele nell’ordinamento italiano (T.U. n. 204/1910 e Statuto della Banca d’Italia, ma anche art. 47 della Costituzione) e ora trovanti fondamento, anche a livello comunitario, nell’art. 105 del Trattato di Maastricht sull’Unione Monetaria Europea. Sia in ordine alla fabbricazione che all’emissione monetaria, l’attività della Banca d’Italia, pur caratterizzandosi per una forte discrezionalità tecnica, non è esente da vincoli e da controlli riguardanti la produzione dei biglietti, l’iter di emissione, l’annullamento e la distruzione delle banconote logore o danneggiate. In particolare, i tagli dei biglietti che possono essere emessi dalla Banca d’Italia sono stabiliti con legge, mentre le caratteristiche e le quantità dei biglietti da stampare vengono stabilite con distinti decreti del Ministro del tesoro. L’intera attività della Banca in questi campi è poi sottoposta alla vigilanza del Ministro del tesoro e di un’apposita commissione permanente di cui fanno parte, fra l’altro, anche sei parlamentari (artt. 108 ss. del T.U. n. 204/1910).

Noi, come vuole la logica e il buon senso, accettiamo la moneta corrente, perché sappiamo che altri, a loro volta, l’accetteranno. Diversamente,  se vi fosse la possibilità di rifiutare la moneta corrente, si ingenererebbe un caos di vaste dimensioni, creando una notevole incertezza nei pagamenti e rendendo, altresì,  la moneta inutile al suo scopo e così anche la Banca Centrale. Pensate a cosa accadrebbe se – per assurdo –  ci vedessimo rifiutare la moneta che abbiamo in tasca e, nel contempo, ci venisse fatta la richiesta perentoria di un’altra moneta a noi sconosciuta? Ecco: questa possibilità non è stata mai dibattuta seriamente da Auriti, indaffarato com’era a distribuire la sua carta straccia. Ammettere la concorrenza di altre monete costringerebbe le imprese e i consumatori ad avere tante monete quante ne sono state messe in circolazione!  Questo comporterebbe altresì gravi perdite economiche ai possessori di monete cadute in disuso e, dunque, non più accettate.

Ed è per questo che si preferisce utilizzare una sola moneta… non per sostenere oscuri complotti campati per aria. Per questo motivo l’accettazione è a senso unico e viene garantita dalla forza della legge che ne impone l’accettazione. Una moneta non accettabile metterebbe in crisi gli scambi, causando una notevole incertezza nei pagamenti e una notevole perdita di valore. Il che si tradurrebbe in una catastrofe per i piccoli risparmiatori e i salariati.

La Bufala della Moneta debito.

Egli sosteneva che la Lira prima e l’Euro dopo sarebbero state entrambe “monete-debito“. Secondo tale teoria, lo stato, impossibilitato a battere moneta in proprio e dovendo ricorrere al prestito, indebita e impoverisce i suoi cittadini del 200% attraverso l’imposizione fiscale. In tal modo lo Stato, ogni qual volta abbisogna di liquidità crea un grosso debito al suo interno. Un debito che, col passare del tempo, cresce inesorabilmente ed esponenzialmente per via degli interessi passivi che gravano su di esso. Come se non bastasse, l’illustre professore di Guardiagrele dichiarò pubblicamente che il debito pubblico, in realtà,  è un “credito rovesciato”, ragion per cui i suoi attuali epigoni hanno chiesto che il debito pubblico fosse dichiarato – di fatto – credito pubblico. Oltre alla palese assurdità contenuta in questa infelice espressione, pensate a quale singolare prospettiva si troverebbero di fronte i sottoscrittori di BOT e CCT, qualora un legislatore avesse sancito attraverso una legge questa assurda teoria? Cosa direbbero i sottoscrittori del debito pubblico qualora – sciaguratamente – venisse portata a compimento tale assurdità? Sarebbe davvero una brutta sorpresa per gli italiani: chi possiede BOT e CCT da creditore diventerebbe debitore!  Insomma una cosa davvero risibile oltre che assurda! Invece di incassare il valore dei titoli dovrebbe pagare. Pensate che sciocchezza! Identica cosa vale per la cosiddetta moratoria e/o peggio la sospensione dei crediti e dei debiti.  Una conseguenza davvero paradossale, quasi kafkiana, oserei dire.

Ora, tutto ciò è falso.

E’ falso perché la Banca Centrale non presta soldi allo stato. E, questo video, a cura di questo bravissimo debunker, lo dimostra chiaramente e praticamente. La cosa non è di poco conto. In altre parole, non si può, come fanno spavaldamente alcuni signoraggisti, minimizzare l’errore commesso da Auriti, poiché tale errore devasta completamente dalle fondamenta la sua teoria. E’ una teoria quando si dimostra fallace, occorre quantomeno riformularla.

I signoraggisti, per questo motivo, tuonano contro la moneta cartacea che, a loro dire, sarebbe “carta straccia”.  Costoro ignorano o, peggio, fanno finta di non sapere, che in cambio della cartamoneta vengono dati in contropartita dei Titoli di stato (BOT, BTP, CCT, CTZ.)  Quindi, al massimo, si tratta di uno scambio di carta contro carta…

Uu altro aspetto, di fondamentale importanza per capire il meccanismo del debito è questo: i titoli del debito pubblico vengono emessi solo (dopo) quando lo Stato spende più di quanto incassa e, quindi, è costretto ad indebitarsi. Il debito, occorre ricordarlo, si crea PRIMA, non al momento della emissione. Alla BCE è vietato comprare titoli di Stato direttamente; può farlo solo dopo, cioè, sul mercato secondario, ovvero dopo essere stati acquistati da privati. La Banca d’Italia, dunque, non può finanziare il debito pubblico. In pratica, la Banca Centrale non può utilizzare direttamente i soldi che emette. Lo faceva parzialmente, prima del 1981, quando era obbligata ad acquistare tutti i titoli del debito pubblico rimasti invenduti. Quindi, a rigor di logica, Auriti dovrebbe lodare l’art. 105 del trattato di Maastiricht! Oggi, quando la Banca Centrale compra titoli di Stato sul mercato secondario (ossia dai privati) lo fa esclusivamente per aumentare la moneta circolante; viceversa, vende titoli di stato per il motivo opposto, poiché fra i compiti della Banca Centrale vi è quello primario di mantenere stabili i prezzi, riducendo, altresì, l’inflazione.

Ma se la moneta cartacea, che oggi, tra l’altro, rappresenta una piccola percentuale del denaro emesso, è carta straccia, perché costoro non invocano un ritorno al Gold Exchange Standard? Mistero. In realtà, come prima accennato, non di mistero si tratta ma di un banale escamotage atto a fuorviare ulterioremente il discorso e piegare la verità a delle teorie precostituite a tavolino.

La Banca d’Italia

Un altro clamoroso falso, spacciato come verità inconfutabile, è quello relativo alla Banca d’Italia.

Qui anche un magistrato, tale Bruno Tarquini, ha fatto del suo meglio per intorbidire le acque e gettare altra paglia sul fuoco della menzogna.

La Banca d’Italia sarebbe un Istituto di diritto privato, una S.p.A. con fini di lucro. Tutto falso, naturalmente. In particolare, Tarquini critica il potere di indipendenza attribuito alla Banca e, soprattutto, al Governatore che ha il potere di stabilire il tasso di sconto senza previo parere del governo. E’ chiaro che in tal modo, la banca Centrale ha acquisito un’autonomia decisionale maggiore che altrimenti le verrebbe negata.  Questo è un frutto evidente della democrazia rappresentativa e del principio della separazione dei poteri, cosa questa di non poco conto e che invece viene ignorata o del tutto travisata, stravolgendo lo stato delle cose.

La Banca Centrale stampa nuova moneta esclusivamente per soddisfare esigenze di liquidità,  rispondendo ad una richiesta del mercato, non ai propri interessi. In parole povere, la quantità di moneta emessa è legata all’interesse generale del mercato, non ad invisibili complotti, orditi da “grassi e avidi banchieri centrali”.

L’unico elemento che potrebbe essere preso in considerazione, se non fosse del tutto insignificante, è quello relativo al profitto spettante ai partecipanti al capitale. In questo interessantissimo Blog c’è un post che ne parla con dovizia di particolari. Per chi invece è pigro e non ha voglia di leggere può ascoltare questi due video del bravissimo lefou reloaded:

Ogni emissione viene attentamente valutata dopo accurati monitoraggi. Infatti, qualora venissero emesse troppe banconote, si creerebbe inflazione, la qual cosa farebbe perdere valore alla moneta circolante. Da questo si evince la palese falsità delle tesi complottiste secondo cui la moneta che circola attualmente sia “carta straccia”. Se così fosse non si comprenderebbe il valore del denaro e di come attraverso esso si possono fare acquisti, come comprare case, automobili e oggetti di lusso. Questo accade perché i soldi, ben lungi dall’essere cartastraccia creata dal nulla, rappresentano  il controvalore della ricchezza prodotta dalla società.

Anche qui, dopo la visione di questo istruttivo video si arriva – dati alla mano – alla conclusione che la Banca d’Italia (come per altro la B.C.E.) è un Istituto di Diritto Pubblico. Cosa, per altro, già stabilita dalla Cassazione, la quale, attraverso la sentenza n. 16751 a sezioni unite del 21 luglio 2006, ha affermato che la Banca d’Italia “non è una società per azioni di diritto privato, bensì un istituto di diritto pubblico secondo l’espressa indicazione dell’articolo 20 del R.D. del 12 marzo 1936 n.375.   Altre favole circolano pure circa il capitale della Banca d’Italia”. E qui è doveroso aprire una piccola parentesi.

Contraddizioni evidenti tra i signoraggisti.

 Molti signoraggisti sono di dichiarata fede fascista. Quindi, perché affermare una cosa del genere, visto che la Banca d’Italia è diventata Istituto di Diritto Pubblico proprio nel 1936, ossia in pieno regime fascista e per merito di Benito Mussolini? A questo punto, applicando la logica complottista, si potrebbe osservare che anche il fascismo fu corresponsabile di tale megatruffa, poiché forni un alibi legale alla Banca Centrale che prima non aveva, fregiandola di un titolo che – secondo i signoraggisti –  non meriterebbe affatto e che, viceversa, rappresenterebbe una grandissima foglia di fico atta a coprire questa sorta di “sfruttamento legalizzato dei popoli“.  Giacinto Auriti, però, che nutriva simpatie per il PNF, trovò una scusante, asserendo che il fascismo fu succube dello strapotere delle Banche Centrali.  Insomma, come si suol dire volgarmente: la pezza è peggio del buco. La sostanza è la medesima, non cambia.

Sosteneva – pensate un po’ – che la guerra fu persa a causa del raggiungimento della famosa quota novanta“, un giudizio errato oltre che ridicolo Lo scomparso professore ignorava o, peggio, deteneva un pensiero distorto circa  il funzionamento delle Banche Centrali. Non sapeva che durante il fascismo furono bruciati grossi quantitativi di moneta cartacea, proprio al fine di renderla rara,  cioè che, in parole povere, avesse valore in un contesto internazionale. Il contrario di quanto vorrebbero fare oggi i suoi indegni epigoni: stampare moneta a gogò, fregandosene dell’inflazione e della parità di bilancio.

Ma le contraddizioni non finiscono qui. Molti signoraggisti sostengono che l’elenco dei partecipanti (che non sono azionisti) sia di fatto rimasto riservato e secondo alcuni addirittura segreto fino al 2003 e solo a partire da quella data, la Banca d’Italia lo avrebbe reso pubblico.

In realtà l’elenco non solo non era segreto ma nemmeno riservato. Se poi si vanno a ricercare le fonti si trovano anche qui altre sorprese. Il più delle volte si tratta di periodici religiosi che affermano tali assurdità, non di testi legislativi, economici o scientifici. Anche qui, facendo le dovute ricerche, si scopre che chiunque avrebbe potuto venire a sapere la verità ma nessuno lo ha fatto, preferendo credere alla bufala propalata da un settimanale religioso come Famiglia Cristiana.

L’argomento relativo al Signoraggio Bancario è assai complesso e può ingenerare fraintendimenti oltre che  discussioni diverse. Affrontarle tutte attraverso un solo post non è possibile. Qui si è voluto evidenziare unicamente i passaggi  che sottendono il complotto sul Signoraggio Bancario (primario), le incongruenze logiche e normative. Questo è quanto si doveva per amor di verità.

© ♔Pier Luigi
Siti e testi consultati per la compilazione del post.

  1. Frottole e illusioni sul tema del Signoraggio: http://www.frottolesignoraggio.info/signoraggio.pdf
  2. http://lefoureloaded.blogspot.it
  3. http://econoliberal.blogspot.it
  4. http://signoraggioinformazionecorretta.blogspot.it
  5. http://www.signoraggio.com/auriti/ilpaesedellutopia_auriti.pdf

Informazioni su Pier Luigi

Sono una persona curiosa e discreta allo stesso tempo. Mi piace discorrere di politica, storia ed economia. Se hai voglia di condividere con me i tuoi dubbi e le tue certezze, fatti avanti, sarò pronto a far mie le tue preoccupazioni.
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2 risposte a La fabbrica del FALSO

  1. Pierre Louis ha detto:

    Non hai perso il vizio di fare il “bastian contrario” e, a quanto vedo, ci riesci bene…merito tuo o di chi ti ha edotto?

  2. Omar Infanti ha detto:

    La Moneta non deve essere considerata solo sotto il profilo economico ma soprattutto sotto il profilo GIURIDICO. La moneta è anche VALORE della misura, oltre ad essere MISURA del valore! Come il metro ha in sè la lunghezza, così la moneta ha in sè il valore che deve misurare… La Teoria di Auriti è SCIENTIFICA!

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