Il Cristo Risorto è un capolavoro assoluto. Ci troviamo di fronte, senza alcun dubbio, al volto più bello mai rappresentato.
All’inizio fu collocato sulla parete posta di fronte all’antico ingresso del Palazzo Civico, proprio perché, nelle intenzioni dei committenti, esso doveva rappresentare lo stemma della città.
Per questo preciso motivo Piero della Francesca dovette sottostare agli angusti canoni imposti dai committenti e, dunque, a muoversi entro uno schema iconografico stabilito a priori.
Di qui la centralità della figura, la precisione geometrica del sepolcro, la dislocazione dei soldati e degli alberi messi in secondo piano rispetto alla figura del Cristo.
Purtuttavia l’autore riesce, con un’astuzia prospettica indescrivibile, a fornire agli spettatori due punti di vista distinti: il primo che va a finire inevitabilmente sulla pietra tombale e il gruppo dei soldati in sonno, e il secondo, quello più importante, che investe il Cristo risorto.
A me, particolarmente, ha sempre colpito la ferita sanguinante, posta nel costato, al di sotto del muscolo pettorale. Per me era quello il CENTRO presso cui porre lo sguardo.
La conseguenza di ciò stava, appunto, nell’amplificare la ferita inflitta dall’uomo al Cristo. E, per questo, il Cristo, malgrado tutto, RISORGE, come se niente fosse, vincendo il dolore patito e, soprattutto, la MORTE.